Nepal 2011
Vetta dell'Ama Dablam
AMA DABLAM LA SIGNORA DEL KUNBU
Con la sua silouhette elegantissima ed isolata, l' Ama Dablam e' il simbolo della montagna per eccellenza. Venne salita per la prima volta lungo la cresta sud-ovest nel 1961 da Michael Ward, Barry Bishop, Wally Romanes e Micahel Gill durante un spedizione guidata da Edmund Hillary, che defini' l'itinerario straordinariamente difficile. Oggi l'Ama Dablam vede parecchi tentativi di salita ongi anno e la sua via normale (la sud-ovest appunto) e' considerata una via medio-difficile.Tecnicamente presenta una prima parte di granito con passaggi fino al VI grado e quindi pendii di neve e ghiaccio sui 50/60 gradi. Una salita impegnativa ma non impossibile su una montagna quasi perfetta.
02 NOVEMBRE BASE CAMP - CAMP 1. 5800 mt.
Finalmente da oggi si comincia a fare sul serio, il momento tanto atteso è arrivato si parte alla volta del campo 1. Oggi il dislivello è importante 1400 mt circa ma non presenta grosse difficoltà alpinistiche quindi possiamo partire con calma. Il percorso sale lungo una cresta erbosa fino a raggiungere il campo avvanzato (o campo deposito dove gli scherpa usano lasciare del materiale. Poco prima di raggiungere Campo 1 si attraversa dei massi di granito e ci si arrampica facilmente fino alcune lastre di granito enormi. Non sono passate neanche quattro ore che siamo gia in prossimità delle tende del campo1 a 5800m. Un posto magnifico, un cocuzzolo con una vista stupenda. L’unico inconveniente è che il posto è molto ripido e così le tende sono lì, appese, pronte a scivolare a valle, trattenute solo da pezzi di corda ancorata a grossi massi. Fornelletti che tossiscono in continuazione- la mancanza di ossigeno la sentono anche loro-, l’acqua che bolle a ottanta gradi, ma l’arte di arrangiarsi ha messo a punto delle tecniche sofisticatissime.
03 NOVEMBRE CAMP 1 - CAMP 2 6100 mt.
Il percorso oggi non è molto lungo, ma tecnicamente è forse il giorno più impegnativo, si parte a mattina inoltrata. Si sale lungo un costone di roccia orizzontale e intorno a numerosi pinnacoli, l'esposizione è enorme, con enormi strapiombi da entrambi i lati della cresta, l'arrampicata è molto divertente con granito di buona qualità. Il punto più critico si trova appena prima del campo due, alle base di un’aerea torre di granito, la torre gialla, alla quota di quasi 6000 metri. La liscia parete rocciosa alta una ventina di metri conduce a una sella e quindi ad alcune strette cenge a cui si aggrappano le tende del campo. La verticalità e l’esposizione, unitamente al peso degli zaini, rendono ardua la scalata in libera. Il ricorso alla corda fissa è inevitabile. Non ho visto nessuno farne a meno, professionisti e recordman compresi. Penso al duro lavoro degli sherpa ingaggiati dalle varie spedizioni: sono loro che all’inizio di ogni stagione attrezzano la via. Senza il loro indispensabile e contributo, gli alpinisti in grado di salire l’Ama Dablam si conterebbero sulla punta delle dita di una mano. Il campo 2 è probabilmente il posto più arduo dove piantare una tenda.
04 NOVENBRE 2011 CAMP 2 - VETTA DELL'AMA DABLAM 6856 mt.
Lasciamo il campo poco prima delle due e mezza di notte, partire dopo vorrebbe dire rischiare di trovare traffico lungo la salita e di conseguenza essere rallentati.Procediamo in fila indiana usufruendo solo della luce delle frontali. Quasi subito la cresta si raddrizza, raggiungendo la verticalità con la
torre grigia, un pilastro verticale che si affronta sulla destra con tre
tiri di arrampicata su un misto di neve ghiaccio ed alcuni brevi tratti di roccia, bisogna procedere uno alla volta visto che dal canale scendono parecchi pezzi di ghiaccio. Si raggiungere una sottile crestina di neve a 70°. Un traverso porta ad un couloir da
cui si riguadagna il filo di cresta che, da questo punto in poi, è
totalmente ghiacciata. Poco dopo, superiamo un panciuto seracco appeso
chissà come alla cresta, sulla cui piatta sommità trovano posto le tende
del campo tre. Incombente, sulla verticale del campo, torreggia il
Dablam, la “collana” da cui prende il nome la montagna. Il gigantesco
grumo di ghiaccio pensile domina questo versante del monte, ed è
visibile sin da Namche Bazar. Purtroppo, un paio di anni fà una slavina ha travolto e spazzato via il campo tre, non accade spesso, ma
sei alpinisti sono morti. Ancora una volta troviamo conferma del fatto
che in montagna la velocità è un fattore di sicurezza: tanto meno si sta
in certi luoghi, più ne guadagna la salute. Lasciato il Canpo 3 la pendenza non cenna a diminuire anzi a tratti si fa molto ripida quasi verticale, con alcuni tratti talmente ghiacciati che sembra vetro. Passiamo oltre il Dablam, aggirandolo sulla destra. Salendo, osserviamo il
muro azzurro di ghiaccio strapiombante, alto quasi cento metri e
fessurato alla base, in più punti, là dove tocca la roccia meglio
starne alla larga, per quanto possibile. Qiì il freddo è intenso ma sopportabile, ma è il vento a darci molto fastidio, ci consoliamo pensando che tra breve saremo al sole ma sopratutto in vetta. Superate le canne d’organo, rigole di neve compatta che disegnano bizzarri chiaroscuri sul ripidissimo pendio finalmente raggiungiamo i 6856 mt dell'Ama Dablam. Sopra di noi, solo la volta turchina del cielo, senza una nuvola “Ama”,
la Madre, ha voluto ricompensare la nostra grande fatica con un
regalo: una luce abbagliante illumina a trecentosessanta gradi un
tripudio di candide vette. Dal Cho Oyu al Pumori alla piramide nera
dell’Everest che fa capolino oltre l’imponente bastionata del Lhotse. E
poi il Baruntse, il Makalu e, piccolissimo giù in basso, nano tra i
giganti, l’Island Peak più oltre, a sud, la frastagliata silhouette del
massiccio del Kanchenjunga.
La discesa è interminabile 2300 metri di dislivello, per uno sviluppo
molto maggiore tra doppie e srampicate ma in serata riusciamo a
raggiungere le comodità del Campo Base…ormai stremati.
Quindi non ci restava che attendere con ansia le birre e le bisteccone
di Katmandu per festeggiare questa splendida montagna, che regala un
straordinaria salita di misto, estremamente varia e di ampio respiro. Quasta esperienza ci ha regalato il ricordo di una cima elegante e impegnativa, bella e
splendente, che non si concede facilmente agli amanti di un giorno:
semplicemente perfetta.
Quando prendi la tua attrezzatura, che sia uno zaino e una corda, un paio di sci e delle pelli o una mountain bike, parti, e quando superi i Monti ti senti di aver vissuto un'altra giornata speciale